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mercoledì 29 aprile 2015

EUGENIO MONTALE




LA POETICA E IL PENSIERO DI EUGENIO MONTALE

IL PENSIERO
Montale ha una visione pessimistica della vita umana: l'uomo contemporaneo è condannato a una tragica esistenza di solitudine di alienazione. La sua poetica si inspira proprio a questa negatività del vivere, indagato con lucida consapevolezza. E' una drammatica e incessante ricerca quella di Montale, condotta senza sosta sul filo di un doloroso travaglio interiore, di esperienze personali, di intuizioni.
Ma in questo precario vivere non mancano spiragli, anche se brevi, di felicità (Felicità raggiunta), qualche barlume di salvezza, (I limoni) che ci sveli la verità che dia senso alla vita.
 
Due sono i testi fondamentali in cui Montale enuncia la sua concezione poetica e spiega le sue scelte stilistico-espressive.
 
  1. I Limoni: In questa lirica Montale si vuole contrapporre ai "poeti laureati", alla poesia aulica, retorica, dove la realtà viene falsata per avere onori e gloria. Questo è appunto lo stile di D'Annunzio, Montale, invece, ama lo stile semplice che gli permette di ritrarre la realtà così com'è, come ci appare ogni giorno della nostra vita. Ai "bossi", "ligusti", "acanti", tutte piante nobili di cui parlano i poeti laureati, Montale contrappone gli aspetti più comuni della vita come "le strade che riescono agli erbosi / fossi", le "pozzanghere / mezzo seccate", gli "alberi dei limoni", simbolo della realtà concreta e semplice.
  2. Non chiederci la parola: è un'altra importante dichiarazione di poetica che scrive Montale, troviamo in questa lirica espresse la sofferenza consapevolezza del vuoto che attornia la nostra esistenza e l'impossibilità del poeta di suggerire certezze, di fornire risposte chiarificatrici, di rivelare verità assolute; egli può soltanto essere testimone della crisi dell'uomo contemporaneo e della sua incapacità a prendere risoluzioni positive. Queste sue dichiarazioni si contrappongono ai poeti decadenti i quali consideravano la poesia come l'unica forma di conoscenza possibile; il poeta diventa così una sorta di "poeta veggente" capace di svelare la realtà.
 


OSSI DI SEPPIA
Alla base di questa raccolta c'è il senso del vuoto che circonda la vita dell'uomo, la tragica constatazione del "male di vivere" che si manifesta nelle dolorose esperienze della natura quali "il rivo strozzato", "l'incartocciarsi della foglia / riarsa". Il paesaggio è quello della Liguria, aspro, assolato, riarsoscabro, significativamente emblematico di un determinato stato d'animo. Il linguaggio è preso dalla quotidianità, ma non è privo di termini ricercati e aulici.
 

LE OCCASIONI
Le "occasioni" sono incontri con persone che gli risvegliano i ricordi sopiti del passato, la visione di luoghi cari al suo cuore, i volti di donne amate, soprattutto quello di Irma Brandeis, l'italo-americana che Montale chiama Clizia; ella è vista nelle poesie come donna-angelo, come una mediatrice tra l'uomo e Dio, anche se Montale non è credente "sente" che irrazionalmente qualcosa in realtà esiste, e questo lo porta alla sua visione di angelo.
Il ricordo del passato che non ritorna più, è espressione di una vana lotta contro il tempo che tutto dissolve e cancella. Da qui il desiderio del poeta di uscire dal tunnel tenebroso, di trovare il "varco", la possibile salvezza incarnata dalle figure femminili. Ne "Le occasioni" come in "Ossi di seppia" non mancano gli oggetti anche qui caricati di valori simbolici.
Ma se in "Ossi di seppia" questi valori simbolici erano spiegati, questo non succede ne "Le occasioni"; infatti Montale afferma in "Intenzioni"<< Non pensai  a una lirica pura nel senso ch'ebbe poi anche da noi, a un gioco di suggestioni sonore; ma piuttosto ad un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiatterlarli>>.
In questa raccolta si ritrova una maggiore speranza rispetto ad "Ossi di seppia", il paesaggio inoltre non è più quello aspro e scabroso della Liguria, ma ora il poeta descrive il paesaggio toscano, sicuramente più accogliente del ligure.
 


LA BUFERA E ALTRO
Scritta tra il 1940 e il 1954, questa raccolta si apre con la serie "Finisterre". Montale si fa partecipe del dramma della società sconvolta dalla tragedia della II guerra mondiale: sono visioni di rovine, di lutti e di dolore, il linguaggio è più aperto e comprensibile, in queste liriche infatti è scomparso quell'aristocratico isolamento del poeta presente in "Ossi di seppia" e ne "Le occasioni"; qui la sua anima vibra piena di orrore e di rivolta. Il tono si fa polemico contro la classe dirigente che aveva portato l'Italia alla catastrofe, e altamente drammatici diventano i "temi" che alla fine sfumano in quello della solidarietà umana.
Passano gli anni e ai ricordi dolorosi subentrano momenti più sereni. In sostanza La bufera rappresenta lo sforzo di Montale di avvicinare la sua poesia alla vita, alla realtà. Ne "Le occasioni" egli aveva prediletto le forme classiche con strofe e rime; nella Bufera usa forme aperte (quasi scomparse le strofe e le rime) e periodi lunghi e lunghissimi. I versi, endecasillabi e settenari, spesso amplificano il ritmo con gli enjambements.
Da parte del poeta, si manifesta una disposizione religiosa che non approda ad una fede vera e propria, infatti come ne "Le occasioni", non manca la presenza femminile, Clizia, cui il poeta affida le sue speranze di salvezza. 
 


  LE ULTIME RACCOLTE
Tra le sue ultime raccolte si distinguono "Satura" - di cui Xenia è la prima sezione dedicata alla moglie morta (Drusilla Tanzi) chiamata dal poeta "Mosca", con la quale egli tiene un tenero colloquio sull'eterno e sul divino - Diario del '71 e '72, Quaderno di quattro anni e Altri versi.
Un immutato pessimismo e una visione disperata e tragica della vita caratterizzano anche quest'ultima produzione.
ATTIVITA'
La poetica dell’oggetto emblematico, elaborata da Montale, ha molti punti di contatto con quella del “correlativo oggettivo” di Eliot, che ne applicò i principi nei Poems, usciti a Londra nel 1925, lo stesso anno degli Ossi di seppia montaliani.
Rispondi alla domanda: cosa intende comunicare Montale con la tecnica del "correlativo oggettivo"?
 
 

venerdì 24 aprile 2015

SALVATORE QUASIMODO


La poetica di Salvatore Quasimodo si può suddividere in tre fasi principali. La prima fase ha come temi salienti la malinconia, l'amore per la terra siciliana e i ricordi legati alla sua infanzia. In questo primo periodo egli si ispira ai temi della poesia contemporanea tipica degli autori come Pascoli e D'annunzio.
La seconda fase della sua produzione letteraria ha come base l'Ermetismo. La poesia è più "pura", in quanto l'autore si impegna nello studio di lingue classiche.
La terza fase invece scaturisce dall'esperienza orribile della guerra. Il suo modo di scrivere deve quindi trasformarsi nell'espressione dell'animo umano e la poesia mette in luce l'odio e il rifiuto verso la guerra, ma anche il desiderio di restituire all'uomo la fiducia nella vita e nel futuro, anche attraverso le illusioni.

Quasimodo si impegna in una poesia che manifesta l'aberrazione per la guerra e l'ansia di "rifare" l'uomo, ridandogli le sue illusioni e la fiducia nel futuro.
Nel 1959 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Nelle prime raccolte pubblicate Acque e terre (1930) e Ed è subito sera (1942) Quasimodo sviluppò i temi della solitudine, raccontando la condizione dell'uomo che è perennemente legato a tutto ciò che riguarda la sua infanzia e il suo passato. Tali ricordi rappresentano ciò che l'uomo stesso ha perduto e non potrà più ritrovare. Acque e terre è ambientata e dedicata alla Sicilia, sua terra natale.

L’isola diventa il simbolo di una felicità perduta a cui si contrappongono il dolore e la difficoltà della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere. Dalla rievocazione del tempo passato emerge spesso un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella poesia Antico inverno.
 
Antico inverno
 
Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole.
Un po' di sole, una raggera d'angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d'aria al mattino.

Anche in questo caso una realtà lontana di un «antico inverno» viene rievocata con pochi cenni essenziali, anche attraverso l'uso, tipico di Quasimodo, dei due punti e degli spazi bianchi, alternando versi brevi ed endecasillabi. Nella lirica si riconosce una figurazione affidata ad elementi precisi - la neve, gli uccelli in cerca di cibo - che assumono però un valore simbolico, alludendo ad una provvisorietà (le parole subito raggelate) che non cancella l'intensità del ricordo. La raccolta del 1930 vive quindi di una continua oscillazione tra il racconto della propria storia e la sua trasfigurazione letteraria.

Il paesaggio della Sicilia è spesso al centro della sua ispirazione, in tutte e tre le fasi della sua produzione letteraria.
Si impegnò nella traduzione dei poeti greci, il che gli donò un 'arricchimento del linguaggio poetico, nonché una migliore ispirazione. Le esperienze della guerra lo indussero ad allontanarsi dagli aspetti più rigidi dell'Ermetismo, ad abbandonare le meditazioni solitarie e ad avvicinarsi a tutti gli uomini. Tutto ciò si nota soprattutto in Giorno dopo giorno (1949) e nella raccolta successiva La vita non è un sogno (1949). In quest'ultima, descrive il Sud come un luogo dove il sangue continua a macchiare la terra. Si tratta dunque di una raccolta mirata anche a rappresentare le ingiustizie sociali, nelle quali il rapporto con Dio è un dialogo che certe sulla solitudine e le ingiustizie terrene.
Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) trova spazio una sezione dedicata alla Sicilia. Tuttavia, c'è anche una profonda riflessione sui campi di concentramento e sugli orrori della guerra.
 
L'opera La terra impareggiabile (1958) è una rappresentazione di Milano che è parte di una «civiltà dell’atomo», nella quale la solitudine colpisce tutti gli uomini e il poeta sente il desiderio di parlare e confrontarsi con altri uomini, tutti legati dal dolore profondo.
L'ultima raccolta poetica, intitolata Dare e avere (1966) può essere considerata come un resoconto della sua produzione letteraria, ma anche della propria vita. Qui trova spazio il tema della morte, ma anche riflessioni sull'esistenza.
In tutta la sua produzione letteraria è evidente la volontà dell'autore di agire concretamente per la trasformare la realtà, al fine di realizzare un mondo migliore.
Il figlio del Poeta, Alessandro, è invitato in tutti i Paesi del mondo per recitare le poesie del padre. Inoltre, a testimonianza dell'impronta lasciata dal poeta nella letteratura italiana, in molti Paesi del mondo sono indetti premi letterari intitolati a Quasimodo, così come centri di studio scientifici, riviste, associazioni e molto altro.
Potete approfondire le tematiche dell'autore leggendo su questo sito la seguente opera con video di accompagnamento:
Ed è subito sera
E da questo link potete vedere con quanta gratitudine accoglie il PREMIO NOBEL:
 
ATTIVITA'
Riporta qui il tema centrale della poesia che più apprezzi di Quasimodo (max 10 righi).