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domenica 22 marzo 2015

LA POETICA DI PIRANDELLO

 

Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica, idea ripresa dalla filosofia di Bergson: la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, flusso continuo, incandescente, indistinto. Tutto ciò che assume forma distinta ed individuale, comincia a morire.

Questo lo porta ad avere una nuova e rivoluzionaria concezione dell'uomo: esso tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una personalità che vuole coerente ed unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che ha del mondo.

Inoltre gli altri con cui l'uomo vive, vedendolo ciascuno secondo la sua prospettiva particolare, gli assegnano determinate forme. Perciò mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda.
Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto questa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indististo ed incoerente di stati in perenne trasformazione.

Ciò porta alla frantumazione dell'io, sul quale si era fondato tutto il pensiero sino a quel tempo, in un insieme di stati incoerenti, in continua trasformazione. La crisi dell'idea di identità e di persona è l'ultima tappa della crisi delle certezze che ha investito la civiltà dei primi del novecento.
La presa di coscienza di questa inconsistenza dell'io suscita nei personaggi pirandelliani sentimento di smarrimento e dolore. In primo luogo provano angoscia ed orrore, seguiti dalla solitudine, quando si accorgono di non essere nessuno; in secondo luogo soffrono per essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono conoscere.

Vi è quindi un rifiuto delle forme della vita sociale, che impongono all'uomo "maschere" e parti fittizie. Innanzitutto viene criticata la famiglia. La seconda "trappola" è quella economica, la condizione sociale ed il lavoro; da quest'ultima non vi è alcuna via d'uscita storica: il pessimismo pirandelliano è totale. Per lui è la società in quanto tale che è condannabile, in quanto negazione del movimento vitale; per questo la sua critica è puramente negativa e non propone alternative.

L'unica via di relativa salvezza che viene data ai suoi eroi è la fuga nell'irrazionale, oppure nella follia, che è lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale.

Nell'opera pirandelliana viene introdotto un nuovo personaggio: il "il forestiere della vita", colui che "ha capito il giuoco" e che perciò si isola, rifiutando di assumere la sua parte, ed osservando gli uomini imprigionati dalla "trappola" con un atteggiamento umoristico (filosofia del lontano).

Dal vitalismo pirandelliano scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà è in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi e moduli d'ordine totalizzanti ed onnicomprensivi. Non solo, ma non esiste neanche una prospettiva privilegiata da cui osservare l'irreale, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti (Einstein).

Ciò comporta un radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Da ciò deriva un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, dato che ciascuno fa riferimento alla realtà come gli appare, mentre non può sapere come sia per gli altri.

L'incomunicabilità accresce il senso di solitudine dell'uomo che scopre di essere nessuno.
Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono la concezione dell'arte e la poetica di Pirandello.

L'opera d'arte nasce dal libero movimento della vita interiore, mentre la riflessione, al momento della concezione, non compare o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell'opera umoristica, invece, la riflessione giudica, analizzandolo e scomponendolo, il sentimento.
Il dato caratterizzante dell'umorismo è il sentimento del contrario, che permette di cogliere il carattere molteplice e contradditorio della realtà e di vederla sotto diverse prospettive contemporaneamente. Inoltre accanto al comico è sempre presente il tragico, dal quale non può mai essere separato.
L'attività teatrale di Pirandello significò per il teatro italiano una svolta decisiva ed esemplare. Pirandello giunse al teatro per una profonda convinzione di ordine morale: era convinto, cioè, che, attraverso la rappresentazione scenica, si potesse rivelare meglio agli uomini le verità alle quali egli era dolorosamente pervenuto. Egli definì perciò " teatro dello specchio " tutta la sua opera, perché in essa si rappresenta la vita senza maschera, quale essa è nella sua sostanza e nella sua verità, lo spettatore, l'attore e il lettore vi si vedono come sono, come chi si guardi ad uno specchio, vi si osservano con ansia e con curiosità , spesso vi si vedono deformati dagli altri, appunto come un cattivo specchio deforma l'immagine fisica; allora si riconoscono diversi da come si erano sempre immaginati e ne restano amareggiati e preoccupati. Il suo capolavoro, per giudizio concorde della critica, è giudicato la commedia " Sei personaggi in cerca d'autore " (1921), che è anche la maggiore opera del teatro italiano del Novecento. In essa Pirandello, riprendendo l'antico artificio del " teatro nel teatro ", dà la più complessa e riuscita rappresentazione della condizione umana quale gli si era venuta configurando e, insieme, del suo modo di intendere il rapporto tra l'arte e la vita. I sei personaggi che chiedono al capocomico di essere tratti dal limbo della loro condizione, di poter vedere rappresentato il loro dramma e che poi non si riconoscono negli attori che tentano di riviverlo, sono un po' la cifra di tutta l'arte pirandelliana in perenne contesa con l'infida, inafferrabile realtà che sembra di continuo assoggettarla, ma ne resta in effetti profondamente lacerata. I sei personaggi incarnano ognuno una visione diversa dello stesso dramma che ogni personaggio vive con una "sua" verità inconciliabile con quella degli altri. Questo è il dramma pirandelliano della solitudine e dell'incomunicabilità che viene spiegato dal Padre quando, rivolgendosi al capocomico, gli dice: «ciascuno di noi - veda - si crede "uno" ma non è vero: è "tanti" signore, "tanti" secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi; "uno" con questo, "uno" con quello - diversissimi! E con l'illusione d'esser sempre "uno per tutti" e sempre "quest'uno" che ci crediamo in ogni nostro atto! Non è vero!».

ATTIVITA'
Rispondi alle domande (le risposte in max 5 righi):
1) Quale concetto-chiave ci comunica questa sequenza di testo?
" Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valo...re delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai! "
- Luigi Pirandello, dal libro "Sei personaggi in cerca d'autore " -
2) Che cos'è l'umorismo per Pirandello?
3) Perché l'io pirandelliano è frantumato?

sabato 21 marzo 2015

M'ILLUMINO D'IMMENSO

MATTINA DI UNGARETTI
 
Mattina
M'illumino d'Immenso.
 
Scritto nel 1917, il brevissimo testo è confluito nella raccolta l'"Allegria" del 1919 con il titolo definitivo "Mattina".
 
 
M’illumino d’immenso
E' un ossimoro, in quanto esprime la fusione di due elementi contrapposti, l'umano e l'infinito, il singolo e l'immenso.
E' anche un'analogia, una forma di metafora accorciata, riferita alla comprensione improvvisa e illuminante del senso della vastità del cosmo.
E' un'iperbole che intende dare il senso di esagerazione dell'esperienza vissuta dall'autore e una sineddoche, in quanto una parte, il singolo essere, si illumina del tutto.
Il titolo è metafora del momento della giornata nel quale si viene abbracciati da una luce molto intensa proveniente dall’alto, accompagnata da una sensazione di calore e allegoria della consapevolezza dell'esistenza dell'eterno che ci avvolge e ci sovrasta.
E' antitetico al famoso verso di Leopardi "e il naufragar m'è dolce in questo mare" in quanto in tale verso era l'uomo che si immergeva nell'eternità, mentre nei versi ungarettiani è l'eterno che si immerge nell'Uomo.
 
La luce del mattino dopo la notte rende l'immensità del creato, che mi pervade e riempie di gioia. E’ la poesia più breve di Ungaretti: due parole, unite tra loro da fitti richiami sonori. L'idea di immenso scaturisce invece dall'impressione che cielo e mare, nella luce del mattino, si fondano in un'unica, infinita chiarità.

La comprensione della poesia richiede di soffermarsi sulla particolare valorizzazione del titolo, indispensabile all’interpretazione corretta del significato: lo splendore del sole sorto da poco trasmette al poeta una sensazione di luminosità che provoca immediate associazioni interiori ed in particolare il sentimento della vastità. M’illumino d’immenso significa appunto questo: l’idea della infinita grandezza mi colpisce nella forma della luce. L’intensità della poesia si affida anche alla sinestesia su cui è costruito il testo, oltre che al perfetto parallelismo fonico-ritmico dei due versi, aperti da una elisione, costituiti da due ternari e ruotanti attorno a due termini comincianti per i e terminati per o.
Il poeta ha voluto mettere in evidenza la felicità di immergersi nella luminosa bellezza del creato, negli spazi infiniti di una mattina piena di sole.
Lui guarda il cielo pulito e pieno di luce. Percepisce un certo benessere  e allora si riempie di luminosità e di gioia che lo fa sentire in armonia con la natura, soprattutto in quel periodo, in quanto uscito  dal fronte con i suoi amici stanchi e delusi dalla guerra.
ATTIVITA'
Giuseppe Ungaretti è stato un autentico innovatore del “fare poesia” in Italia. La sua tecnica si avvale della “poetica del frammento”,  che significa?

martedì 17 marzo 2015

LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA

 
La guerra civile spagnola del 1936-39 è la prova generale della Seconda guerra mondiale perché vede impegnate a sostegno delle due parti in lotta – più o meno direttamente e con differente peso militare – da un lato Inghilterra, Francia e Urss, e dall’altro Italia, Germania e Portogallo. La Spagna, dunque, è il teatro del primo scontro armato tra fascismo e antifascismo, con gli italiani – le camice nere di Mussolini da un lato, e gli oppositori del regime dall’altro – impegnati su entrambi i fronti.
 
 
Il 26 aprile del 1937, durante la guerra civile di Spagna, Guernica viene rasa al suolo da un attacco aereo.
Il genio di Picasso ne ha fatto un simbolo universale che mescola all'orrore degli eventi una strana bellezza che ancora oggi cattura chi guarda l'opera...

FILMOGRAFIA -
Alcuni Film inerenti alla Guerra Civile Spagnola:
- " Terra e Libertà " di Ken Loach ( 1995 );
- " Ay, Carmela! " di Carlos Saura ( 1989 );
- " Gioco di Donna " di John Duigan ( 2004 );
- " La fine di un mistero " di Miguel Hermoso.
 
ATTIVITA'
Nel 1939, il generale Franco riesce ad imporre la propria dittatura. Caratterizzazione del personaggio: Francisco Franco (max 10 righi).  

giovedì 5 marzo 2015

LA SECONDA GUERRA MONDIALE



 LE CAUSE SCATENANTI
La causa (di comodo) che portò allo scoppio della  seconda guerra mondiale fu costituita dalla questione di Danzica implicante le più decise rivendicazioni della Germania hitleriana sul «corridoio polacco», ma le vere cause della guerra erano assai più remote e complesse possono essere riassunte nelle seguenti:
 1 - il contrasto franco-tedesco, determinato dalla volontà di rivincita della Germania, che mirava al controllo del Trattato di Versailles e alla conquista del primato militare europeo.
 2 - il contrasto anglo-tedesco, determinato dall'insopprimibile volontà di potenza della Germania, che mirava sempre più apertamente e dichiaratamente alla conquista del primato politico ed economico europeo.
 3 - il contrasto italo-francese, determinato dalle divergenze d'interessi tra i due paesi, soprattutto nell'Africa e dalle rivendicazioni del nazionalismo fascista, che avanzava le più temerarie pretese su Nizza, sulla Savoia e sulla Corsica.
 4 -  il contrasto Italo - inglese, determinato dall'atteggiamento ostile assunto dall'Inghilterra nei nostri confronti al tempo dell'«impresa etiopica», e dalle preoccupazioni che suscitavano in Inghilterra gli aspetti sempre più aggressivi della nostra politica nazionalistica nel Mediterraneo (pressanti rivendicazioni sull'isola di Malta; aspirazioni al controllo del Canale di Suez, ecc.).
  5  - l'espansionismo imperialista del Giappone in Estremo Oriente, sfociato fin dal 1937 in guerra aperta contro la Cina.
 6  - l'avvicinamento italo-tedesco, o, per meglio dire, tra l'Italia fascista e la Germania nazista, determinato dall’affine ideologia, dai sempre più stretti accordi economici e politici, e dalla medesima tendenza all’imperialismo. Quest’avvicinamento tra i due stati aveva trovato la sua attestazione nella firma dell'Asse Roma - Berlino (ottobre 1936), nell'adesione del Mussolini al Patto Anticomintern (novembre 1937), e nella firma del Trattato di alleanza italo-tedesco (il cosiddetto «Patto d'acciaio», maggio 1939).
Tutte queste cause però si possono ridurre a una sola. La più vera e profonda causa della guerra fu, infatti, la brutale aggressività del nuovo imperialismo tedesco. Hitler non aveva esitato a iniziare una vera e propria corsa alla guerra, procedendo inesorabilmente all'annessione dell'Austria (il cosiddetto Anschluss) e alla conseguente conquista e spartizione della Cecoslovacchia. La cosiddetta questione di Danzica e del «corridoio polacco» non fu che l'ultimo atto di una fatale tendenza imperialistica, che doveva portare inevitabilmente alla guerra.

ATTIVITA'
Quali erano le armi  "armi-meraviglia" o "armi-miracolo" dei nazisti?