Powered By Blogger

sabato 28 febbraio 2015

L'ASCESA DI HITLER IN GERMANIA



Il piano Dawes aveva appena gettato le basi per la  ripresa che  fu bruscamente interrotta dalla crisi economica del 1929 che sconvolse non solamente gli Stati Uniti. Pesanti ripercussioni si ebbero anche nel resto del mondo. Le ripercussioni politiche di questa nuova crisi furono rappresentate dall’ascesa al potere di Adolf Hitler.
Hitler aveva fondato, poco dopo la fine della prima guerra, le Sturm Abteilungen (sezioni d’assalto)  un’organizzazione paramilitare che aveva lo scopo di contrastare le forze della sinistra.
Nel 1923 aveva tentato un colpo di stato a Monaco che era fallito. Condannato a due anni di prigione, impiegò il tempo della carcerazione per scrivere il Mein Kampf.

Uscito di prigione, nel 1925, si dedicò alla riorganizzazione del partito che già nelle elezioni del 1928 ebbe il 2,8% dei voti.
La successiva travolgente crescita del nazismo è legata alla crisi economica del 1929 e alle sue devastanti ripercussioni sulla Germania. La crisi, infatti, sancì la chiusura di banche e fabbriche, fallimenti e disoccupazione.
Nelle elezioni del 1930 i nazisti ottennero il 18% delle preferenze e poco di meno ottennero i comunisti. questa bipolarizzazione dei voti sui partiti estremisti indebolì gravemente i partiti di centro e la lotta politica si radicalizzò.
Nel 1932 alle elezioni presidenziali  vinse a strettissima maggioranza Hindenburg ed alle successive elezioni per il parlamento, sempre nello stesso anno, il partito nazista ottenne 230 seggi, cioè la maggioranza relativa.
Hitler era riuscito a conquistare i voti dei disoccupati e della piccola borghesia. Era sostenuto e finanziato dalla borghesia industriale e dal padronato agrario ed era visto con grande simpatia anche dalle gerarchie militari.
Nel  gennaio del 1933 Hindenburg diede ad Hitler l’incarico di formare il nuovo governo.
Nasceva nel giro di pochi mesi il Terzo Reich.
Le nuove elezioni furono indette per il 5 marzo 1933: il periodo pre-elettorale fu utilizzato dalle SA per indebolire gli oppositori del nazismo. Furono chiusi molti giornali, furono picchiati o uccisi molti esponenti dell’opposizione.
Il 27 febbraio ci fu un tentativo d’incendio doloso al Reichstag. La colpa fu addossata ai comunisti e fu promulgato un decreto che sospendeva i diritti costituzionali; la sospensione non sarebbe mai più stata revocata. Nello stesso mese il parlamento concedeva ad Hitler i pieni poteri. Ai leander fu tolta l’autonomia ed il loro governo affidato a luogotenenti del Reich.
Nei mesi successivi i nazisti occuparono le sedi dei sindacati che vennero sciolti e sostituiti da corporazioni. I partiti vennero dichiarati fuorilegge (ad eccezione del partito nazista).
Verso la fine dell’anno fu stipulato un concordato con la Chiesa cattolica che riusciva così a mantenere la propria autonomia di culto.
Nel 1935 vennero promulgate le leggi di Norimberga con le quali si legalizzava l’antisemitismo.
Gli ebrei erano esclusi dal diritto di voto, dalle cariche pubbliche, dall’esercizio delle libere professioni e del commercio. Successivamente furono rinchiusi nei ghetti, subirono le più atroci violenze, le deportazioni e lo sterminio nei campi di concentramento.
Il regime seppe sfruttare al meglio i nuovi mass-media ( radio e cinema ); furono molto curate le organizzazioni giovanili ed istituito il Ministero per la propaganda affidato a Goebbels.
Per eliminare gli avversari del regime furono istituite la Gestapo e le SS (Schutz Staffen, milizia di protezione).
Nella notte del 3 giugno 1934, la Notte dei lunghi coltelli,  le SS, comandate da Himmler, assassinarono tutti gli appartenenti alle SA.
Nell’agosto del 1934 morì Hindenburg e Hitler divenne presidente della Germania.

 ATTIVITA'
Di quali simboli si servì la dittatura nazista?

mercoledì 25 febbraio 2015

LA REPUBBLICA DI WEIMAR

 
LA NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI
 

Già gli ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale vedono la Germania in grosse difficoltà interne: le tensioni sociali della società civile attraversano lo stesso esercito, come testimoniano l’ammutinamento dei marinai di Kiel e le azioni militari di sinistra nel corso del "biennio rosso" tedesco (simili per certi aspetti a quello italiano). A ciò si aggiungono le dure condizioni di pace (consistenti riparazioni di guerra, smobilitazione dell’esercito, annessione e controllo militare di alcune fondamentali aree produttive da parte dei paesi vincitori) e il crollo dell’impero, che genera una generale sfiducia verso le istituzioni politiche e di governo.
 
La repubblica di Weimar è dunque composta tra il 1919 e il 1933 da esecutivi allargati di socialdemocratici, partiti centristi e moderati di destra, che provano a tenere unito il paese e a reprimere i tentativi golpisti ed insurrezionali (da quello della Lega spartachista, soppressa dai Frei Korps, al colpo di Stato nazionalista guidato da Wolfgang Kapp a Berlino nel 1920). L’aggravarsi della crisi nel 1923 si congiunge con ben quattro tentativi di sovvertire l’ordine costituito; tra questi, il putsch di Monaco (8-9 novembre) che vede in prima fila una allora modesta formazione di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (Nsdap) di Adolf Hitler, che ottiene consensi grazie alla teoria del tradimento politico dei partiti “borghesi” e del complotto giudaico come cause della sconfitta militare tedesca e delle umilianti condizioni di pace di Versailles. E se questo primo tentativo eversivo fallisce, Hitler ha comunque modo (come dimostra il suo Mein Kampf) di elaborare le basi ideologiche del nazismo e di progettare la definitiva presa del potere.

ATTIVITA'
Rispondi brevemente alle domande (max 5 righi).
1) Quali furono le misure adottate nel Trattato di Versailles dai paesi vincitori nei confronti della Germania?
2) Quali furono le cause che portarono alla caduta della Repubblica di Weimar?
3) Tra l’8 e il 9 di novembre del 1923 si consumò nella regione tedesca della Baviera un tentativo di colpo di Stato che passò alla storia come il putsch di Monaco. Chi fu il protagonista di quel golpe? Con quali esiti?
 
 
 
 

 
 

domenica 22 febbraio 2015

GIOVANNI PASCOLI


Pascoli vive appieno la duplice crisi che caratterizza la cultura di fine Ottocento: quella della cultura positivistica e della incondizionata fiducia nella scienza e quella dell’intellettuale tradizionale che stenta a trovare un posto ed una funzione di fronte ai nuovi problemi posti dall’industrializzazione, dalla lotta di classe e dallo stesso mutato concetto di cultura.
La sua formazione intellettuale è scolastica e tradizionale, all’insegna del realismo classicistico carducciano, ma è anche contrassegnata da alcuni avvenimenti traumatici come l’assassinio, rimasto impunito, del padre o l’esperienza giovanile del carcere. Per questi motivi ad altri ancora, Pascoli assume un atteggiamento di sfiducia nei confronti del mondo e della vita: il suo universo è dominato dal mistero e dal dolore. Il mistero nasce dalla convinzione che il senso della vita costituisce per l’uomo un enigma cui né la religione, né la scienza, né la filosofia offrono una risposta, che possa fungere da orientamento, ritenuta dal poeta soddisfacente. Questo vuoto di senso genera quel disagio e quell’angoscia in cui l’essere umano sprofonda quando non trova spiegazione, ma soprattutto giudizio e risposta ad un dolore o ad un’offesa subiti da parte di un altro, lasciando così luogo al costituirsi di un trauma, cioè, propriamente, una fissazione del pensiero ad un avvenimento doloroso, fissazione che determina il persistere del dolore stesso.
Pascoli è un uomo che si sente solo in un universo di altri uomini che percepisce come genericamente ostili o minacciosi, tentazione e tendenza tipica di chi non sia riuscito ad elaborare un lutto o l’allontanarsi della persona amata o una grave delusione. Solo riparo contro questo male sempre incombente sono le pareti domestiche: la famiglia gli appare come la sola dimensione sociale in cui siano possibili l’amore, la solidarietà, la mutua assistenza in caso di bisogno.
La famiglia come rifugio del Pascoli non è però, si badi bene, quella in cui si diviene padri e madri e figli, ma quella in cui si è fratello e sorella, non la famiglia insomma che si può formare incontrando un altro ma sempre e solo quella, come si usa dire, d’origine (egli vivrà infatti con la sorella Maria la maggior parte della sua vita), dove vige la solidarietà fraterna. La sua esaltazione della famiglia corrisponde allora ad una sorta di moto regressivo segnato dalla nostalgia dell’età perduta dell’infanzia, che rappresenta agli occhi dell’adulto, innanzitutto un’età in cui non si è oppressi dalla domanda di senso di cui si è detto. Da qui scaturisce il cosiddetto triangolo NIDO-CASA-CULLA che sta al centro del mondo simbolico pascoliano.
 
Il pensiero.
La concezione dolorosa della vita deriva in Pascoli quindi da due fatti principali: la tragedia familiare e la crisi del Positivismo. La tragedia familiare è costituita da vari lutti che colpirono il poeta, infatti prima gli fu ucciso il padre, poi in rapida successione morirono la madre, la sorella maggiore, e i due fratelli Luigi e Giacomo. Questi lutti gli ispirarono il mito del “nido” familiare da ricostruire, del quale fanno parte i vivi e idealmente anche i morti, legati ai vivi dai fili di una misteriosa presenza. Secondo il poeta infatti, in una società sconvolta dalla violenza, la casa è il rifugio nel quale i dolori e le ansie si placano. Il pensiero del Pascoli fu poi anche influenzato dalla crisi del Positivismo, che si verificò verso la fine dell’Ottocento e fece crollare i suoi miti, quelli della scienza liberatrice e del progresso. Infatti il poeta riconosce l’impotenza della scienza nel risolvere i problemi umani e sociali, e inoltre la accusa anche di aver reso più infelice l’uomo, distruggendo in lui la fede in Dio, che era stata per secoli il suo conforto. Perduta la fede nella scienza il poeta fa adesso riferimento al mondo dell’ignoto e dell’infinito, arrivando alla conclusione che gli uomini sono creature fragili, soggette al dolore e alla morte.
 La poetica del fanciullino.
La poetica del Pascoli è legata al suo modo di vedere il mistero come una realtà che ci avvolge. Questo mistero però, sia la filosofia che la scienza non hanno saputo svelare, e secondo il Pascoli, solo il poeta tramite improvvise intuizioni può scoprire il segreto della vita universale. Il Pascoli tramite queste intuizioni, elabora una sua poetica tutta particolare che prende il nome di “poetica del fanciullino”. Questo fanciullino secondo il poeta è in tutti gli uomini, ma nella maggior parte di essi però, distratti dalle loro attività, il fanciullino tace; in altri invece, cioè nei poeti, il fanciullino fa sentire la sua voce di stupore davanti alla bellezza della natura. Il Pascoli distingue quindi la poesia pura dalla poesia applicata. La poesia pura è quella fatta di stupori, e l’oggetto di essa non è soltanto la natura, ma anche le armi, le guerre, i viaggi, tutte cose che stimolano la fantasia del fanciullino. La poesia applicata invece, è fatta di drammi e di grandi romanzi, come ad esempio l’Orlando Furioso .
 Decadentismo del Pascoli.
l Pascoli contrariamente al D’Annunzio, pervenne al Decadentismo per istinto, e non per influenze esterne. Egli in seguito alla crisi del Positivismo, elaborò una poetica che rientrava senza che lui stesso se ne accorgesse, nelle grandi correnti del suo tempo. Gli elementi del decadentismo pascoliano sono:
1) il senso smarrito del mistero e la sensibilità a percepire le voci provenienti dalle zone profonde dello spirito;
2) la poesia come strumento di conoscenza;
3) il simbolismo, cioè vedere le cose non nel loro aspetto reale, ma come simboli;
4) la fiacchezza di temperamento.

 ATTIVITA'
Perché Giovanni Pascoli viene detto "poeta delle piccole cose"?

domenica 15 febbraio 2015

CONOSCERE L'ISLAM

 

 
LA RELIGIONE ISLAMICA
Il termine Islam deriva dal verbo “sottomettersi”, etimo che evidenzia il completo affidarsi del fedele alla volontà di Dio onnipotente (Allah). Anche la parola musulmano ribadisce lo stesso concetto: significa, infatti, “dedito a Dio”.
L’Islamismo nasce nella penisola araba, all’inizio del VII secolo, nell’ambito di una realtà sociale frazionata in comunità contrapposte che trova la sua unità nel credo avviato da Maometto (Mohammad, 570-632). Egli mutua dalla religione giudaico-cristiana l’egualitarismo e, ispirato da Allah, si fa promotore di un movimento basato sulla riduzione del contrasto tra ricchi e poveri e sulla volontaria rinuncia all’arricchimento. Il favore che incontra tra le classi popolari lo rende inviso alla borghesia: l’esilio (egira) nel 622 dalla Mecca a Yatrib (futura Medina, “città del Profeta”) è seguito però da una rapida diffusione del suo credo in tutta l’Arabia. Ultimo profeta biblico (così si considera ed è acclamato dai seguaci), Maometto racchiude nel Corano gli insegnamenti rivelatigli da Allah attraverso l’arcangelo Gabriele. La sua vita, inoltre, è considerata modello di virtù impareggiabile ed è raccontata nella Sunna, testo che, insieme al Corano, costituisce la fonte principale della legge islamica.
Negli ultimi anni Maometto torna alla Mecca, la proclama “città santa” e meta del pellegrinaggio, uno dei cinque pilastri dell’Islam che ogni fedele deve osservare (gli altri sono: la professione di fede in Allah e Maometto, la preghiera ripetuta cinque volte al giorno, il digiuno nel mese del Ramadan, l’elemosina). Capo religioso e politico di innegabile carisma, la sua morte determina problemi di successione, ancor oggi riflessi nella scissione dei musulmani in sunniti (fedeli alla Sunna, ritengono che nessuno possa sostituire Maometto, suggello della rivelazione divina. Il vicario del Profeta, il “califfo”, può solo dirigere i credenti e amministrare gli affari della comunità secondo il Corano), sciiti (seguaci della shì’a, partito di Alì, cugino di Maometto; Alì sarebbe stato istruito dal Profeta sui più profondi segreti dell’Islam e a sua volta avrebbe trasmesso il sapere alla famiglia. I suoi diretti discendenti sono perciò considerati imàm: “guide” e custodi di questa sapienza) e altri gruppi minori.

 

venerdì 13 febbraio 2015

LA COSCIENZA DI ZENO

 
Nel saggio "L'uomo e la teoria darwiniana" Svevo, esponendo una sua riflessione sulla teoria darwiniana dell'evoluzione naturale, giunge a pensare che il malato è l'uomo vero, "l'uomo più umano che sia stato creato".
L'inetto è un "abbozzo", un essere in divenire, che ha ancora la possibilità di evolversi verso altre forme proprio grazie alla sua mancanza assoluta di uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso, mentre gli individui "normali", "sani", che sono già perfettamente compiuti in tutte le loro parti, sono incapaci di evolversi ulteriormente, si sono arrestati nel loro sviluppo e cristallizzati nella loro forma definitiva.
L'inettitudine non appare più, dunque, un marchio d'inferiorità, che condanna ad un'irrimediabile inadattabilità al reale e quindi alla debolezza e alla sconfitta, ma una condizione in qualche modo privilegiata, aperta e disponibile.
L'atteggiamento di Svevo verso l'inetto è un atteggiamento più aperto e problematico, disposto a guardare all'inetto anche con simpatia, ad accettarlo nella sua mescolanza di positivo e negativo.

 
ATTIVITA'
Esprimete qui il vostro commento sui temi "malattia" e "salute" del protagonista-narratore dell'opera.

mercoledì 11 febbraio 2015

LA GRANDE DEPRESSIONE


     LA CRISI DEL '29

 Le cause della Grande depressione    del 1929
    -Ineguale distribuzione della ricchezza;
    -Prezzi alti e debiti di guerra;
    -Sovrapproduzione industriale e agricola;
    -Crollo del mercato azionario e panico finanziario. 
 
Effetti della Grande depressione
  • -Fame diffusa, povertà e disoccupazione;
  • -Crisi economica a livello mondiale;
  • -Vittoria dei Democratici in 1232 elezioni;
  • -Avvio del New Deal di Franklin D. Roosevelt.
Introduzione
Si viveva un’epoca di grande crescita economica. Non c’era disoccupazione e le imprese crescevano, quotandosi in Borsa. L’americano medio cominciava ad investire in Borsa, e avere un business redditizio e reinvestiva in Borsa non risparmiando. Alcuni chiedevano prestiti alle banche per poi investirli in Borsa.

Cos’è la Grande Depressione?

La Grande Depressione del 1929 fu la maggiore crisi nella storia degli Stati Uniti, colpendo praticamente tutto il mondo industrializzato. Cominciò nel 1929, e durò circa dieci anni.

La crisi dell’economica americana iniziò nel 1928 con la caduta dei prezzi agricoli e esplose il 29 ottobre del 1929 quando affondò la Borsa di New York. Quel giorno scesero rapidamente gli indici di numerosi titoli e continuarono la loro discesa per tre mesi consecutivi. Le quotazioni continuarono a scendere anche gli anni successivi. Inizialmente la crisi fu un po’ sottovalutata. Le banche non avevano soldi e quindi le aziende non ottenevano credito, le produzioni si fermavano, creando disoccupazione. Questa situazione si estese rapidamente anche all’Europa inondata di capitali americani.

In questa situazione nei paesi occidentali e particolarmente negli USA, si iniziò una politica dove lo stato interveniva direttamente nell’economia. Si trattava del “New Deal”, in Europa conosciuto come il Welfare State.

Le cause

Molti fattori contribuirono a questa crisi; nonostante, la causa principale di questo disastro finanziario, conosciuto come il giovedì nero, fu una speculazione esagerata, dovuta alla sovrapproduzione e all’inflazione del credito, così come a causa di una ineguale distribuzione della ricchezza negli anni ’20 e alle speculazioni in Borsa. Le profonde diseguaglianze crearono un’economia instabile.

Conseguenze

La diminuzione della domanda americana, frenò le esportazioni di molti paesi, facendo calare il commercio mondiale. Gli Stati Uniti cercarono di rimpatriare i capitali investiti in altri paesi. Ciò ebbe gravi ripercussioni soprattutto in Germania che aveva avuto grossi prestiti dagli USA a causa degli alti costi delle riparazioni addebitategli dal Trattato di Versailles per la prima Guerra Mondiale. Nelle vite politiche internazionali, si accentuarono i nazionalismi.

Il New Deal

Il New Deal di Franklin Delano Roosevelt (FDR), fu il primo vero cambiamento contro la crisi. Roosevelt diede avvio a riforme sociali per ammortizzare gli effetti della depressione. Tra le leggi create durante i suoi mandati, vi è quella del 1935 sui rapporti di lavoro che dava ai sindacati il potere di negoziazione con le imprese. Fu creato anche il Social Security Act per dare più garanzie di pensione ai lavoratori. Nel 1938 fu emanata la legge sul lavoro giusto, al fine di eliminare la manodopera infantile e nel mentre si stabilì un salario minimo. Fu creata anche una legge federale sul teatro per dare sollievo a quegli attori disoccupati a causa della nuova creazione del cinema. Furono creati posti di lavoro per abbellire i parchi statali.

ATTIVITA'
Rispondi brevemente (max 5 righi) alla domanda:
In che modo la crisi del '29 ebbe ripercussioni anche in Europa?