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mercoledì 12 marzo 2014

Panorama storico-letterario del primo Ottocento

 
LETTERATURA E IMPEGNO CIVILE
 In Italia nell’Ottocento letteratura e impegno civile vanno di pari passo e si identificano in quel nome vasto, che comprende più aspetti culturali, politici e di pensiero, che è il RISORGIMENTO.
L'obiettivo principale degli autori italiani dell'Ottocento è quello di creare una letteratura nazionale (come già fu per Dante e altri) ma anche una lingua nazionale (da Dante, a Bembo, a Manzoni, la questione della lingua è intesa come emblema della ricerca di un'identità nazionale, sia culturale che politica, mai disgiunte l'una dell'altra).
                   De Sanctis, che pubblica la sua "Storia della Letteratura Italiana" nel 1871, anno del compimento definitivo dell'Unità d'Italia, è un punto fermo per comprendere quanto la nostra letteratura sia legata alla vicenda politica e patriottica, con tutti i pregi ma anche con i limiti che questo comporta.
                   PATRIA, LIBERTÀ' e INDIPENDENZA sono i valori che muovono i nostri autori del secolo XIX. L'Italia dell'Ottocento riprende e approfondisce l'illuminismo e il realismo impegnato di Parini e tende ormai sempre più a dimenticare una tradizione volta al bello e al sublime che, nel corso dei secoli che vanno dal Cinquecento al Settecento, ha  imperato ed è stata conosciuta all'estero come "tipicamente italiana".
                   I Romantici Italiani guardano, come chiede M.me De Staël, all'estero e perdono le loro caratteristiche di poesia astratta, pura e solo bella che esisteva in precedenza. Questo porta ad un calo di interesse, da parte degli altri paesi, nei confronti della nostra letteratura, che non è più quella di un tempo ma non riesce ad arrivare ai livelli di idealismo e di indagine psicologica e misteriosa degli altri paesi.
                   Diciamo che la nostra letteratura in questo secolo è impegnata all'interno, ha grandi compiti da portare avanti e si chiude in se stessa, acquisendo molti elementi negativi, ma facendosi portavoce di istanze culturali e politiche notevoli.
Letteratura italiana dell'Ottocento come ostaggio della politica; certo, è vero, ma la letteratura in Italia aveva il problema, molto grave da risolvere, dell'unità, in tutti i sensi.
                   Ecco che Classicismo e Romanticismo, in Italia, nell'Ottocento, rappresentano lo scontro tra il vecchio ed il nuovo: i CLASSICISTI, o neoclassicisti, sono estetizzanti, perfetti nella forma, ma privi di contenuti, mentre i ROMANTICI, e prima ancora quella fase che per alcuni decenni va sotto il nome di Preromanticismo, sono impegnati, realisti e non badano troppo alla forma, al verso sublime, alla bellezza delle parole. Del resto i Classicisti sono in gran parte (anche se non tutti) reazionari, e in quanto tali piacciono agli Austriaci che ne appoggiano le iniziative, anche se risultano un fenomeno tutto italiano (ma sterile, politicamente ed ideologicamente); invece i romantici sono generalmente impegnati, rivoluzionari, vogliono cambiare lo stato di cose esistente e quindi vengono avversati con forza dal potere austriaco della Restaurazione, nonostante questi romantici si rifacciano alle letterature straniere, e in particolar modo a quella tedesca che vive in quel momento la stagione straordinaria del Romanticismo a cui ha dato vita già dopo la metà del Settecento.
                   Il centro dei nuovi fermenti culturali italiani è Milano; l'oggetto in causa Napoleone, nel bene e nel male. Ecco perché quella di questo periodo si chiama la “Letteratura dell'Età Napoleonica”; perché Napoleone incarna, nominalmente, i valori della Rivoluzione, anche se   effettivamente è un simbolo di potere assoluto, autoritario, repressivo.
                   L'emblema di questo atteggiamento è il Foscolo, con il noto episodio del “tradimento del Trattato di Campoformio”, che vedremo più avanti: Foscolo non può più essere totalmente d'accordo con Napoleone, come era stato da adolescente, ma non può ugualmente mettersi con gli Austriaci che rappresentano i vecchi poteri pre-rivoluzionari e che con l'inizio della Restaurazione impediscono il procedimento di liberazione, di presa di coscienza nazionale e di indipendenza di cui gli intellettuali italiani, in gran parte, si facevano interpreti.
 
Il nostro Romanticismo è pertanto un insieme di paradossi: prendiamo Manzoni e Leopardi, i nostri principali esponenti romantici: l'uno è un illuminista convertito al pessimismo cristiano ma sempre fortemente attento al "vero" (QUANDO INVECE IN EUROPA IL ROMANTICISMO E' SOPRATTUTTO FANTASIA, INDAGINE INTERIORE, RIVALUTAZIONE DEL SOGNO, DEL MISTERO, DEL SENTIMENTO); l'altro è un classicista formato ad una scuola di vecchio stampo, tutto imbevuto di tradizione italiana e anti-rivoluzionaria, nemico del suo tempo, fuori luogo e fuori gioco, contro il progresso. Possiamo quindi affermare che in Italia un Romanticismo vero non è esistito.
                   Sono romantici, “all'italiana”, anche Verdi, Rossini, Donizetti e Bellini che fondono realtà e sentimento, patriottismo e indipendentismo a nuove ricerche psicologiche e sentimentali di marca già predecadente.
                   Alla fine tutto l'Ottocento Italiano potrebbe essere raccolto sotto il simbolo del VERO e dell'IMPEGNO CIVILE, anche se con grosse differenze, ad esempio tra Manzoni e Carducci, sempre con tutti i limiti che questo comporta, cioè una sorta di sclerotizzazione della letteratura italiana, la quale comincia a varcare di nuovo, e a buon diritto, finalmente (non come con la poesia inutile e vuota dei tempi precedenti), i confini nazionali in quella grande stagione che inizia con il secolo successivo e che va sotto il grande termine (inteso in senso generale) di Decadentismo.

ATTIVITA'
In che modo Ugo Foscolo è illuminista, neoclassicista e preromantico?