Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica, idea ripresa dalla filosofia di Bergson: la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, flusso continuo, incandescente, indistinto. Tutto ciò che assume forma distinta ed individuale, comincia a morire.
Questo lo porta ad avere una nuova e rivoluzionaria concezione dell'uomo: esso tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una personalità che vuole coerente ed unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che ha del mondo.
Inoltre gli altri con cui l'uomo vive, vedendolo ciascuno secondo la sua prospettiva particolare, gli assegnano determinate forme. Perciò mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda.
Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto questa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indististo ed incoerente di stati in perenne trasformazione.
Ciò porta alla frantumazione dell'io, sul quale si era fondato tutto il pensiero sino a quel tempo, in un insieme di stati incoerenti, in continua trasformazione. La crisi dell'idea di identità e di persona è l'ultima tappa della crisi delle certezze che ha investito la civiltà dei primi del novecento.
Questo lo porta ad avere una nuova e rivoluzionaria concezione dell'uomo: esso tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una personalità che vuole coerente ed unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che ha del mondo.
Inoltre gli altri con cui l'uomo vive, vedendolo ciascuno secondo la sua prospettiva particolare, gli assegnano determinate forme. Perciò mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda.
Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto questa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indististo ed incoerente di stati in perenne trasformazione.
Ciò porta alla frantumazione dell'io, sul quale si era fondato tutto il pensiero sino a quel tempo, in un insieme di stati incoerenti, in continua trasformazione. La crisi dell'idea di identità e di persona è l'ultima tappa della crisi delle certezze che ha investito la civiltà dei primi del novecento.
La presa di coscienza di questa inconsistenza dell'io suscita nei personaggi pirandelliani sentimento di smarrimento e dolore. In primo luogo provano angoscia ed orrore, seguiti dalla solitudine, quando si accorgono di non essere nessuno; in secondo luogo soffrono per essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono conoscere.
Vi è quindi un rifiuto delle forme della vita sociale, che impongono all'uomo "maschere" e parti fittizie. Innanzitutto viene criticata la famiglia. La seconda "trappola" è quella economica, la condizione sociale ed il lavoro; da quest'ultima non vi è alcuna via d'uscita storica: il pessimismo pirandelliano è totale. Per lui è la società in quanto tale che è condannabile, in quanto negazione del movimento vitale; per questo la sua critica è puramente negativa e non propone alternative.
L'unica via di relativa salvezza che viene data ai suoi eroi è la fuga nell'irrazionale, oppure nella follia, che è lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale.
Nell'opera pirandelliana viene introdotto un nuovo personaggio: il "il forestiere della vita", colui che "ha capito il giuoco" e che perciò si isola, rifiutando di assumere la sua parte, ed osservando gli uomini imprigionati dalla "trappola" con un atteggiamento umoristico (filosofia del lontano).
Dal vitalismo pirandelliano scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà è in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi e moduli d'ordine totalizzanti ed onnicomprensivi. Non solo, ma non esiste neanche una prospettiva privilegiata da cui osservare l'irreale, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti (Einstein).
Ciò comporta un radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Da ciò deriva un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, dato che ciascuno fa riferimento alla realtà come gli appare, mentre non può sapere come sia per gli altri.
L'incomunicabilità accresce il senso di solitudine dell'uomo che scopre di essere nessuno.
Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono la concezione dell'arte e la poetica di Pirandello.
L'opera d'arte nasce dal libero movimento della vita interiore, mentre la riflessione, al momento della concezione, non compare o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell'opera umoristica, invece, la riflessione giudica, analizzandolo e scomponendolo, il sentimento.
Il dato caratterizzante dell'umorismo è il sentimento del contrario, che permette di cogliere il carattere molteplice e contradditorio della realtà e di vederla sotto diverse prospettive contemporaneamente. Inoltre accanto al comico è sempre presente il tragico, dal quale non può mai essere separato.
L'attività teatrale di Pirandello significò per il teatro italiano una svolta decisiva ed esemplare. Pirandello giunse al teatro per una profonda convinzione di ordine morale: era convinto, cioè, che, attraverso la rappresentazione scenica, si potesse rivelare meglio agli uomini le verità alle quali egli era dolorosamente pervenuto. Egli definì perciò " teatro dello specchio " tutta la sua opera, perché in essa si rappresenta la vita senza maschera, quale essa è nella sua sostanza e nella sua verità, lo spettatore, l'attore e il lettore vi si vedono come sono, come chi si guardi ad uno specchio, vi si osservano con ansia e con curiosità , spesso vi si vedono deformati dagli altri, appunto come un cattivo specchio deforma l'immagine fisica; allora si riconoscono diversi da come si erano sempre immaginati e ne restano amareggiati e preoccupati. Il suo capolavoro, per giudizio concorde della critica, è giudicato la commedia " Sei personaggi in cerca d'autore " (1921), che è anche la maggiore opera del teatro italiano del Novecento. In essa Pirandello, riprendendo l'antico artificio del " teatro nel teatro ", dà la più complessa e riuscita rappresentazione della condizione umana quale gli si era venuta configurando e, insieme, del suo modo di intendere il rapporto tra l'arte e la vita. I sei personaggi che chiedono al capocomico di essere tratti dal limbo della loro condizione, di poter vedere rappresentato il loro dramma e che poi non si riconoscono negli attori che tentano di riviverlo, sono un po' la cifra di tutta l'arte pirandelliana in perenne contesa con l'infida, inafferrabile realtà che sembra di continuo assoggettarla, ma ne resta in effetti profondamente lacerata. I sei personaggi incarnano ognuno una visione diversa dello stesso dramma che ogni personaggio vive con una "sua" verità inconciliabile con quella degli altri. Questo è il dramma pirandelliano della solitudine e dell'incomunicabilità che viene spiegato dal Padre quando, rivolgendosi al capocomico, gli dice: «ciascuno di noi - veda - si crede "uno" ma non è vero: è "tanti" signore, "tanti" secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi; "uno" con questo, "uno" con quello - diversissimi! E con l'illusione d'esser sempre "uno per tutti" e sempre "quest'uno" che ci crediamo in ogni nostro atto! Non è vero!».
ATTIVITA'
Rispondi alle domande (le risposte in max 5 righi):
1) Quale concetto-chiave ci comunica questa sequenza di testo?
3) Perché l'io pirandelliano è frantumato?
Vi è quindi un rifiuto delle forme della vita sociale, che impongono all'uomo "maschere" e parti fittizie. Innanzitutto viene criticata la famiglia. La seconda "trappola" è quella economica, la condizione sociale ed il lavoro; da quest'ultima non vi è alcuna via d'uscita storica: il pessimismo pirandelliano è totale. Per lui è la società in quanto tale che è condannabile, in quanto negazione del movimento vitale; per questo la sua critica è puramente negativa e non propone alternative.
L'unica via di relativa salvezza che viene data ai suoi eroi è la fuga nell'irrazionale, oppure nella follia, che è lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale.
Nell'opera pirandelliana viene introdotto un nuovo personaggio: il "il forestiere della vita", colui che "ha capito il giuoco" e che perciò si isola, rifiutando di assumere la sua parte, ed osservando gli uomini imprigionati dalla "trappola" con un atteggiamento umoristico (filosofia del lontano).
Dal vitalismo pirandelliano scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà è in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi e moduli d'ordine totalizzanti ed onnicomprensivi. Non solo, ma non esiste neanche una prospettiva privilegiata da cui osservare l'irreale, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti (Einstein).
Ciò comporta un radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Da ciò deriva un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, dato che ciascuno fa riferimento alla realtà come gli appare, mentre non può sapere come sia per gli altri.
L'incomunicabilità accresce il senso di solitudine dell'uomo che scopre di essere nessuno.
Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono la concezione dell'arte e la poetica di Pirandello.
L'opera d'arte nasce dal libero movimento della vita interiore, mentre la riflessione, al momento della concezione, non compare o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell'opera umoristica, invece, la riflessione giudica, analizzandolo e scomponendolo, il sentimento.
Il dato caratterizzante dell'umorismo è il sentimento del contrario, che permette di cogliere il carattere molteplice e contradditorio della realtà e di vederla sotto diverse prospettive contemporaneamente. Inoltre accanto al comico è sempre presente il tragico, dal quale non può mai essere separato.
L'attività teatrale di Pirandello significò per il teatro italiano una svolta decisiva ed esemplare. Pirandello giunse al teatro per una profonda convinzione di ordine morale: era convinto, cioè, che, attraverso la rappresentazione scenica, si potesse rivelare meglio agli uomini le verità alle quali egli era dolorosamente pervenuto. Egli definì perciò " teatro dello specchio " tutta la sua opera, perché in essa si rappresenta la vita senza maschera, quale essa è nella sua sostanza e nella sua verità, lo spettatore, l'attore e il lettore vi si vedono come sono, come chi si guardi ad uno specchio, vi si osservano con ansia e con curiosità , spesso vi si vedono deformati dagli altri, appunto come un cattivo specchio deforma l'immagine fisica; allora si riconoscono diversi da come si erano sempre immaginati e ne restano amareggiati e preoccupati. Il suo capolavoro, per giudizio concorde della critica, è giudicato la commedia " Sei personaggi in cerca d'autore " (1921), che è anche la maggiore opera del teatro italiano del Novecento. In essa Pirandello, riprendendo l'antico artificio del " teatro nel teatro ", dà la più complessa e riuscita rappresentazione della condizione umana quale gli si era venuta configurando e, insieme, del suo modo di intendere il rapporto tra l'arte e la vita. I sei personaggi che chiedono al capocomico di essere tratti dal limbo della loro condizione, di poter vedere rappresentato il loro dramma e che poi non si riconoscono negli attori che tentano di riviverlo, sono un po' la cifra di tutta l'arte pirandelliana in perenne contesa con l'infida, inafferrabile realtà che sembra di continuo assoggettarla, ma ne resta in effetti profondamente lacerata. I sei personaggi incarnano ognuno una visione diversa dello stesso dramma che ogni personaggio vive con una "sua" verità inconciliabile con quella degli altri. Questo è il dramma pirandelliano della solitudine e dell'incomunicabilità che viene spiegato dal Padre quando, rivolgendosi al capocomico, gli dice: «ciascuno di noi - veda - si crede "uno" ma non è vero: è "tanti" signore, "tanti" secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi; "uno" con questo, "uno" con quello - diversissimi! E con l'illusione d'esser sempre "uno per tutti" e sempre "quest'uno" che ci crediamo in ogni nostro atto! Non è vero!».
ATTIVITA'
Rispondi alle domande (le risposte in max 5 righi):
1) Quale concetto-chiave ci comunica questa sequenza di testo?
" Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valo...re delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai! "
2) Che cos'è l'umorismo per Pirandello?
- Luigi Pirandello, dal libro "Sei personaggi in cerca d'autore " -
3) Perché l'io pirandelliano è frantumato?